2025-11-13

L'importanza delle parole nell'informatica

Oscar Wilde ci ha lasciato un titolo difficile da tradurre, The Importance of Being Earnest, reso in italiano in tanti modi diversi: Ernesto, Onesto, Franco, Fedele, Probo. Ogni versione coglie un frammento dell'originale, ma nessuna lo restituisce del tutto. È il destino di ogni traduzione: inevitabilmente un po' tradimento ed un po' reinvenzione.

Questa riflessione ci porta al mondo dell'informatica, dove da anni abbiamo smesso di tradurre molti termini. Ma è davvero un bene? Cercare una parola nella nostra lingua non è solo esercizio accademico: è un modo per appropriarsi di un concetto, per capirlo meglio e renderlo parte del nostro pensiero.

Prendiamo il caso di file. In Italia, per lungo tempo, IBM spinse a tradurlo con archivio. Una scelta poco felice: in inglese archive indica tutt'altro, come i formati .zip o .tar. Inoltre, l'origine di file non sta nemmeno nell'archiviazione, ma nel concetto di "fila": una sequenza ordinata di documenti infilati su un filo (thread, filum). L'italiano ha persino una parola equivalente, oggi desueta: filza.

L'etimologia rivela molto: il file nei sistemi operativi è davvero una sequenza di byte, un "filo" di dati che possiamo leggere in ordine o saltare con artifici tecnici. Non è l'unico modo di conservare l'informazione, ma è quello che si è imposto, soprattutto grazie al sistema operativo Unix ed al linguaggio C. Capire la parola ci aiuta a capire la scelta tecnica, con i suoi vantaggi ed i suoi limiti.

Oggi però gli utenti di smartphone e tablet salvano dati senza mai interagire direttamente con un file. Forse ci serviranno nuove parole per parlare di persistenza e memoria, capaci di trasmettere proprietà diverse dalla sola sequenzialità.

Come dice Shakespeare, a rose by any other name would smell as sweet... ma in informatica non è così: il nome che scegliamo orienta il nostro modo di pensare e, di conseguenza, le tecnologie che creiamo. Per questo dovremmo prenderci più sul serio quando decidiamo come chiamare le cose.

 

Questo post è un riassunto di un interessante articolo del professor Mattia Monga pubblicato su Mondo Digitale nel febbraio 2022 ed al quale rimandiamo.